Warning: Use of undefined constant linklove - assumed 'linklove' (this will throw an Error in a future version of PHP) in /membri/znetitaly/wp-content/plugins/facebook-comments-plugin/class-frontend.php on line 84
di George Monbiot – 3 ottobre 2012
Sovvertire significa rovesciare dal basso. Abbiamo bisogno di un nuovo termine che significhi rovesciare dall’alto. La principale minaccia allo stato democratico e alle sue funzioni viene non dal dominio della massa [‘mob rule’, oclocrazia; l’espressione si può tradurre anche in ‘dominio della mafia’, accezione che non pare suggerita dal contesto – n.d.t.] o da un’insurrezione di sinistra, bensì dai molto ricchi e dalle industrie che essi dirigono.
Tali forze hanno affinato il loro attacco al governo democratico. Non c’è bisogno – come fecero negli anni ’70 Sir James Goldsmith, John Aspinall e Lord Lucan – di discutere la possibilità di lanciare un colpo di stato militare contro il governo britannico: i plutocrati hanno altri mezzi per rovesciarlo.
Negli ultimi anni ho cercato meglio di capire come le pretese dell’alta finanza e dei ricchissimi siano proiettate nel processo decisionale della politica, e sono arrivato a considerare i think-tank [‘teste d’uovo’, ‘cervelloni’, gruppi di esperti – n.d.t.] neoliberali come centrali in questo processo. Sono i gruppi che pretendono di essere i campioni del libero mercato ma le cui proposte spesso hanno l’apparenza di ricette per il potere dell’industria.
David Frum, già membro di uno di questi gruppi – l’American Enterprise Institute – sostiene che essi “operano sempre più come agenzie di pubblicità”. Ma in tal caso non sappiamo chi siano i clienti. Come si entusiasma il lobbista industriale Jeff Hudson, essi sono “virtualmente immuni da sanzioni … l’identità dei donatori dei think-tank sono protette dalla rivelazione involontaria.” Un consulente che ha lavorato per i miliardari fratelli Koch afferma che loro considerano il finanziamento dei think-tank “come un modo per ottenere che le cose siano fatto senza sporcarsi loro le mani”.
Questo era quello che sapevo, ma nei giorni recenti ho appreso molto di più. In ‘Think Tank: the story of the Adam Smith Institute’ [Think-tank, la storia dell’Istituto Adam Smith] il fondatore dell’istituto, Madsen Pirie, mette a disposizione una guida, involontaria ma impagabile, a come funziona davvero il potere nel Regno Unito.
Subito dopo essere stato fondato (nel 1977) l’istituto avvicinò “tutte le maggiori imprese”. Circa venti di esse risposero inviando assegni. Il suo sostenitore più entusiasta fu il cospiratore del colpo di stato James Goldsmith, uno dei più spregiudicati speculatori in spezzatini aziendali dell’epoca. Prima di fare la sua donazione, scrive Pirie, “egli ci ascoltò attentamente mentre presentavamo a grandi linee il progetto, con gli occhi che gli scintillavano per la sua audacia e la sua portata. Poi, mentre ce ne andavamo, ci fece dalla sua segretaria un assegno di 12.000 sterline.”
Fin dall’inizio i giornalisti anziani del Telegraph, del Time e del Daily Mail misero a disposizione i propri servizi. Ogni sabato, in una vineria chiamata Cork and Bottle [‘Tappo e Bottiglia’], i ricercatori di Margaret Thatcher e i maggiori autori e editorialisti del Times e del Telegraph incontravano il personale dell’Adam Smith Institute e dell’Institute of Economic Affairs [Istituto degli Affari Economici]. Nel corso del pranzo “programmavano la strategia per la settimana successiva”. Questi incontri “coordinavano le nostre attività per renderci collettivamente più efficaci”. I giornalisti trasformavano poi le proposte dell’istituto in editoriali, mentre i ricercatori avvicinavano i ministri ombra.
Presto, dice Pirie, il Mail cominciò a pubblicare un articolo di sostegno in prima pagina ogni volta che l’Adam Smith Institute pubblicava qualcosa. L’allora direttore del giornale, David English, controllava egli stesso gli articoli e aiutava l’istituto ad affinare le sue tesi.
Col procedere del racconto di Pirie, cessano tutti i riferimenti ai finanziamenti. Esclusi biglietti donati dalla British Airways, nessuno sponsor è citato dopo gli inizi degli anni ’80. Anche se l’istituto afferma di fare propaganda per “la società aperta”, è reticente e misterioso. Attualmente rifiuta recisamente di dire chi lo finanzia.
Pirie descrive come il suo gruppo ideò e affinò molte delle politiche da prima pagina attuate dalla Thatcher e da John Major. Egli reclama (e presenta una quantità di prove a sostegno) il merito parziale o totale della privatizzazione delle ferrovie e di altre industrie, dell’appalto di servizi pubblici a società private, dell’imposta pro capite, della vendita di alloggi comunali, dei mercati interni dell’istruzione e della salute, della creazione delle carceri private, degli appalti dei servizi sanitari a entità facenti capo a medici generici [fundholding] e, successivamente, delle politiche fiscali di George Osborne.
Pirie scrisse anche il manifesto dell’ala neoliberale del governo Thatcher, ‘Non si torna indietro’. Ufficialmente gli autori del documento – che fu pubblicato dal partito – furono parlamentari quali Michael Forsyth, Peter Lilley e Michael Portillo. “Né io né l’Adam Smith Institute eravamo citati in nessun posto. Mi pagarono le mie mille sterline e fummo contenti tutti.” Il testo di Pirie divenne lo statuto centrale della dottrina che oggi chiamiamo Thatcherismo, la cui guardia pretoriana si diede il nome di “Gruppo del Non Si Torna Indietro”.
L’equivalente parlamentare odierno è il Free Enterprise Group. Cinque dei suoi membri hanno appena pubblicato un manifesto simile, Britannia Unchained [Britannia senza catene]. Facendo eco alla narrativa sviluppata dai think-tank neoliberali, attribuiscono la responsabilità dei dati spaventosi sulla mobilità sociale in Gran Bretagna al finanziamento dell’assistenza sociale e alla mentalità dei poveri, suggeriscono la necessità di tagli molto maggiori e lasciano intendere che la risposta sta nella completa demolizione del sistema dell’assistenza sociale. Sono più sottili del “Non si torna indietro”. Il numero delle richieste e dei piani terrificanti è inferiore: questi movimenti hanno imparato qualcosa negli ultimi trent’anni.
E’ difficile immaginare come il loro manifesto potesse essere meglio tagliato sugli interessi dell’industria. Quasi a rafforzare il concetto, la copertina riporta una citazione di Sir Terry Leahy, fino a poco tempo fa direttore esecutivo della Tesco: “La via è chiara. Dobbiamo essere abbastanza coraggiosi da imboccarla.”
Una volta di più la stampa è stata pronta all’appello. Nell’approccio alla pubblicazione il Telegraph ha commissionato una serie di articoli intitolata Britannia liberata, promuovendo lo stesso monotono ordine del giorno di meno tasse per i ricchi, meno aiuti ai poveri e meno regole per le imprese. Un altro articolo dello stesso giornale, pubblicato due settimane fa dal suo responsabile della finanza individuale, Ian Cowie, propone che non ci sia rappresentanza senza tassazione. A chi non paga una sufficiente tassa sul reddito non dovrebbe essere consentito di votare.
Considero questa gente avanguardisti di destra, mobilitati prima per spezzare e poi per impossessarsi di un sistema politico che dovrebbe appartenere a noi tutti. Come i rivoluzionari marxisti, spesso parlano di sfasciare le cose, di “distruzione creativa”, di rompere le catene e di sfilare i guinzagli. Ma in questo caso appaiono alla ricerca di liberare i ricchi dai limiti della democrazia. E al momento stanno vincendo.
Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Fonte: http://www.zcommunications.org/a-rightwing-insurrection-is-usurping-our-democracy-by-george-monbiot
Originale: The Guardian
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2012 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0
Comments
Powered by Facebook Comments
Questo nuovo totalitarismo non ha bisogno di incarcerare. Emargina e discredita. Mentre tutto sembra normale.
Pingback: Prossima mossa neoliberista: chi non paga abbastanza tasse perde il diritto di voto (George Monbiot sul Guardian) « Verso un Mondo Nuovo