Cosa c’è di sbagliato, se c’è, nella ricchezza estrema? – Parte 1


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di Ingrid Robeyns – 24 giugno 2019

Sommario

Questo documento propone una visione, chiamata limitarismo, che suggerisce che dovrebbero esistere limiti superiori alla quantità di reddito e di ricchezza che una persona può detenere. Una tesi a favore del limitarismo è che i super-ricchi possono compromettere l’uguaglianza politica. L’altro motivo è che sarebbe meglio se il surplus di denaro detenuto dalle famiglie super-ricche fosse utilizzato per far fronte a urgenti bisogni insoddisfatti e a problemi globali di azione collettiva. Un caso particolarmente urgente di questi ultimi è il cambiamento climatico. Il documento discute un’obiezione al limitarismo e ricava alcune conclusioni per la società, nonché per il paradigma dello sviluppo umano e per l’approccio al relativo potenziale.

 

  1. Introduzione

 

Negli ultimi decenni studiosi hanno dimostrato che le disuguaglianze economiche si stanno ampliando. Forse il più noto di tutti è il lavoro di Thomas Piketty [Il Capitale nel Ventunesimo Secolo, Cambridge, 2014, Harvard University Press] che ha dimostrato che le disparità di ricchezza sono andate aumentando in numerosi paesi a causa del miglioramento della posizione finanziario dell’un per cento più abbiente o, più specificamente, dello 0,1 per cento più abbiente. Piketty e i suoi colleghi parlando di una nuova “età dell’oro”, una situazione caratterizzata da un piccolo gruppo di cittadini che sono estremamente benestanti rispetto al resto della popolazione. La rivoluzione ICT ha cambiato il capitalismo; ha consentito alle imprese d mietere profitti in mercati globali, e quindi molto più vasti, e di passare a una posizione di elevata concentrazione di potere di mercato. Il rafforzamento della posizione dei più ricchi non è solo un fenomeno confinato ai paesi post-industriali (per i quali sono spesso disponibili dati migliori sulla disuguaglianza); anche in paesi che sono meno sviluppati e nei quali molti cittadini vivono in povertà, alcuni cittadini sono estremamente ricchi.

 

Ci si può chiedere se ci sia qualcosa di sbagliato se, in società o globalmente, ci sono persone che possiedono quantità estreme di ricchezza. La nostra attenzione non dovrebbe essere riservata agli svantaggiati, cercando di garantire che possano evadere dalla povertà? In misura considerevole questa è stata la concentrazione del paradigma dello sviluppo umano e dell’approccio al potenziale, che hanno teso a concentrarsi sulla povertà e sull’indigenza. Inoltre, l’approccio allo sviluppo umano si è concentrato sugli effetti negativi delle disuguaglianze sui potenziali umani in una vasta varietà di campi, tra cui la salute e l’istruzione. C’è stata meno attenzione ai ricchi, come giustamente segnalano Tania Burchardt e Rod Hick (2018).  Tuttavia, come sosterrò in questo documento, abbiamo ragioni più che buone per affrontare le conseguenze della ricchezza estrema.

 

Questo documento si chiede che cosa ci sia di sbagliato, se c’è, nell’avere persone super-ricche. Una risposta popolare a questa domanda è la seguente: non c’è nulla di sbagliato in una società che abbia un gruppo di super-ricchi, fintanto che essi abbiano guadagnato il loro denaro legalmente, senza essersi dati ad attività criminali o all’evasione fiscale. È semplicemente per una questione d’invidia che alcuni protestano per le loro fortune e l’invidia è un vizio che non dovremmo tollerare. Tutti coloro che vivono in un sistema economico capitalista godono dei benefici e delle libertà che si accompagnano al capitalismo e ai mercati competitivi. Ciascuno di noi ha la libertà di essere un imprenditore e se soddisfiamo le richieste di un vasto gruppo di persone, allora elevati profitti saranno la nostra ricompensa. Analogamente, il sistema economico capitalista premia coloro che usano le loro competenze e talenti per contribuire al soddisfacimento delle preferenze altrui e, se sono innovativi, allora il reddito elevato sarà la loro giusta fetta della torta (Mankiw, 2013). Questa è la forma che spesso assumono le tesi a difesa dei redditi e della ricchezza estremi.

 

In questo documento io offrirò una risposta diversa alla domanda su che cosa ci sia, se c’è, di sbagliato in una società in cui alcuni sono super-ricchi. La domanda che io pongo è una domanda normativa riguardo al modo in cui coesistiamo in sistemi di governo locali e globali, al genere di strutture e istituzioni che abbiamo e a quali siano le loro conseguenze. Per rispondere alla domanda servono diverse discipline. Occorrono le scienze sociali empiriche per conoscere gli effetti della ricchezza estrema su cose che contano per noi. Tuttavia, la disciplina più importante che ci aiuterà a rispondere a questa domanda è la filosofia politica normativa, nella quale esiste una vasta letteratura sull’analisi normativa delle disuguaglianze.

 

È perciò consigliabile soffermarci un secondo a chiederci come la domanda che ho sollevato si rapporti con altri dibattiti filosofici esistenti. In filosofia politica le diverse possibili visioni delle disuguaglianze legittime hanno ricevuto delle etichette. Una visione è chiamata sufficientismo e afferma che la giustizia richiede che tutti debbano godere di una quantità minima di cose di cui è interessata la giustizia, quali le funzioni e i potenziali. Un’altra visione è il prioritarismo, che sostiene che nello scegliere le nostre azioni e il modo in cui progettiamo le istituzioni sociali, dovremmo dare priorità a quelli che stanno peggio. Inoltre, ci sono varie forme di parità di opportunità, la visione che le disuguaglianze nei risultati possano essere giustificate fintanto che partiamo da un terreno di gioco alla pari e tutti hanno opportunità uguali. La visione finale è l’iperliberismo, che afferma porre domande circa la distribuzione è un errore fondamentale, poiché quelli che contano sono i diritti che le persone hanno e poiché tali diritti sono inalienabili. Sono ciò che Robert Nozik (1974) chiama limiti esterni alle nostre azioni: non c’è nulla che una persona o uno stato possa fare che violi tali diritti.  Perciò porre domande circa la giusta forma della distribuzione del denaro o della ricchezza o delle funzioni o potenzialità è porre la domanda sbagliata.

 

Nel rispondere alla domanda multidisciplinare su che cosa sia, se c’è, di sbagliato in una società in cui alcuni sono molto ricchi, vorrei proporre un’idea in questa letteratura sullo schema della giustizia distributiva, chiamato limitarismo economico (Robeyns 2017).  Anche se l’idea potrebbe essere considerata “nuova” se si guarda soltanto alla letteratura contemporanea sulla giustizia distributiva, ci sono state molte visioni nella storia del pensiero economico e politico che possono essere considerate parenti strette del limitarismo economico. In poche parole, il limitarismo economico sostiene l’idea che nessuno dovrebbe detenere denaro in eccesso, definito come il denaro che uno possiede in più rispetto a quanto ne ha bisogno per una vita pienamente prospera. Il limitarismo, come visione etica o politica è, in un certo senso, simmetrico all’idea che esiste una soglia della povertà e che nessuno dovrebbe cadere sotto di essa. Il limitarismo afferma che si possa teoricamente costruire una soglia della ricchezza e che un mondo in cui nessuno fosse al di sopra della soglia della ricchezza sarebbe un mondo migliore Questo documento tratta del limitarismo economico: cioè limitarismo nelle risorse economiche (reddito e ricchezza). L’idea del limitarismo più in generale si riferisce a limiti superiori al possesso, uso o godimento di risorse preziose e quindi potrebbe essere applicata anche ad altre risorse scarse e preziose quali le risorse naturali. In questo documento ogni uso del “limitarismo” andrebbe inteso come riferirsi al “limitarismo economico”.

 

Ma perché dovremmo pensare che il limitarismo sia un’idea plausibile? Perché un mondo senza super-ricchi dovrebbe essere migliore o più giusto? Che cosa c’è di male o di sbagliato tenersi stretto il proprio denaro in più?

 

Nel rispondere a queste domande procederò come segue. Offrirò diversi motivi pro tanto per cui c’è qualcosa di sbagliato con i super-ricchi. Mi concentrerò su due argomenti: l’argomento dei bisogni urgenti non soddisfatti e l’argomento democratico. Si noti che ci sono altri argomenti in difesa dell’idea che un mondo senza super-ricchi sarebbe un mondo migliore. Danielle Zwarthoed (2018) ha difeso il limitarismo in base al valore dell’autonomia. Ci sono probabilmente altre strategie argomentative per difendere il limitarismo. Ad esempio, si potrebbe partire dal punto di vista relazionale ugualitario sostenendo che i cittadini non possono relazionarsi tra loro da uguali se le loro differenze finanziarie sono eccessive, o dal valore della libertà come assenza di dominio, sostenendo che l’assenza di dominio richiede che nessuno debba avere troppi soldi che gli consentano di esercitare un potere reale e strutturale su altri cittadini. Tuttavia, anziché cercare di essere esaustivi circa i motivi a favore di un mondo senza super-ricchi, io desidero anche analizzare un’obiezione: che il limitarismo economico determinerà un livellamento al ribasso di un vasto gruppo di persone, poiché gli economicamente più produttivi saranno privi degli appropriati incentivi economici, il che avrà un impatto negativo sulla produzione aggregata.

 

La Sezione 2 presenta il primo argomento a favore del limitarismo economico, l’argomento democratico. La Sezione 3 propone l’argomento dei bisogni urgenti insoddisfatti e la Sezione 4 tratta un caso specifico di tale argomento, cioè il finanziamento dell’intervento climatico. La Sezione 5 affronta l’obiezione che il limitarismo economico distruggerà gli incentivi che contribuiscono alla produzione economica e che il principio di differenza di Rawls, oppure la teoria della tassazione ottimale sarebbero perciò superiori nel rispondere alla domanda circa quanta della ricchezza in eccesso andrebbe tassata. La sezione finale proporrà le implicazioni delle mie tesi per la società e i campi dello sviluppo umano e dell’analisi del potenziale.

 

Questo documento attinge considerevolmente a un capitolo di un libro in cui ho introdotto il limitarismo per un pubblico filosofico (v. bibliografia – N.d.T.). I motivi della riproduzione di larghe parti di esso qui, sono duplici. Innanzitutto, per presentare un argomento filosofico a un pubblico interdisciplinare. La maggior parte degli studiosi tende a leggere articoli e libri prevalentemente pubblicati nella disciplina di cui si occupano istituzionalmente e in conseguenza abbiamo bisogno di uno sforzo ulteriore per portare il lavoro in una disciplina all’attenzione di studenti e studiosi di altre discipline. Secondo: mi consente di fare due cose che ritengo essere importanti per studiosi e studenti dello sviluppo umano e dell’approccio al potenziale: argomentare a favore della giustificazione morale dell’uso del denaro in surplus per il finanziamento dell’intervento climatico (Sezione 4) e discutere le implicazioni della letteratura sul limitarismo economico per il paradigma dello sviluppo umano e l’approccio al potenziale (Sezione 6).

 

Prima di passare agli argomenti normativi a favore del limitarismo e di discutere le due obiezioni, vorrei attirare la vostra attenzione su alcune ricerche empiriche relative che ho condotto con sociologi economici sulla soglia della ricchezza, mirate a comprendere se la popolazione olandese sia a favore di una soglia della ricchezza sopra la quale nessuno dovrebbe trovarsi (Robeyns et al. 2018).  Le ricerche empiriche di questo tipo non rispondono alle domande normative che ho appena posto. Ci dicono, tuttavia, se le persone (in questo caso gli olandesi) ritengono che sia possibile dare un senso all’affermazione “a un certo punto, il denaro aggiuntivo non è più in grado di aumentare il benessere personale”. La maggioranza degli intervistati che hanno partecipato alla nostra ricerca, che costituivano un campione rappresentativo della popolazione olandese, sentiva che, a un certo punto, denaro aggiuntivo al nostro reddito e alla nostra ricchezza smetterebbe di fare una differenza riguardo al nostro benessere. La famiglia più ricca che abbiamo descritto aveva una villa con una piscina privata, due auto di lusso, una casa nel sud della Francia, un patrimonio di 70 milioni di euro e tale famiglia poteva permettersi cinque vacanze l’anno. Solo il 3,5 per cento degli intervistati pensava che non si potesse dire che quella famiglia avesse più di quanto è necessario per un livello massimo di benessere. Questo risultato suggerisce che la maggioranza degli olandesi (cioè il 96,5 per cento) ritiene che a un certo livello uno dispone di troppa ricchezza. Tuttavia, le persone differiscono drasticamente riguardo a dove tracciare esattamente tale soglia tra essere “molto abbienti” e “avere troppo”. Circa il 67 per cento degli intervistati ha affermato che una famiglia che abbia una villa con piscina privata, due auto di lusso, una casa nel sud della Francia e 500.000 euro di patrimonio sia sopra la soglia della ricchezza. Per le mie tesi attuali, e in verità per molte discussioni politiche, il punto più cruciale non è dove precisamente possa essere tracciata la soglia della ricchezza, ma se il concetto abbia senso. Gli intervistati hanno concordato con l’affermazione essenziale e generale della soglia della ricchezza che a un certo punto denaro addizionale non contribuisce alla prosperità di una persona.

 

Tuttavia, un altro risultato appariscente del nostro studio è che sottoscrivere una soglia della ricchezza non implica che si sottoscriva anche l’affermazione che ciò è di per sé un motivo sufficiente per consentire al governo di imporre un salario massimo, una quantità massima di ricchezza, un tetto ai risparmi o un tetto all’importo totale delle eredità che uno può ricevere. I nostri risultati hanno suggerito che gli intervistati sono molti riluttanti ad appoggiare una qualsiasi di queste affermazioni. La sola affermazione che ha avuto il sostegno di circa due terzi degli intervistati è stata quella che, quando ci sia da scegliere tra aumentare il carico della tassazione sui ricchi e super-ricchi piuttosto che ridurre le provvidenze dello stato sociali ai più vulnerabili, l’attuale governo olandese dovrebbe scegliere il primo. In breve, il sostegno all’affermazione che alcune famiglie hanno troppo non induce necessariamente ad appoggiare l’idea che il governo sia tenuto a intervenire. La prima affermazione è valutativa, mentre la seconda è prescrittiva. E osserviamo che la maggior parte degli intervistati che sottoscrive l’affermazione valutativa su che cosa significhi avere troppo, non sottoscrive l’affermazione prescrittiva che dovremmo evitare situazioni in cui alcuni hanno troppo.

 

A volte filosofi politici ed esperti di etica, o attivisti o intellettuali pubblici, tendono a promuovere una causa che non è appoggiata diffusamente nella società. Pensate a quelli che hanno promosso l’abolizione della pena di morte, un reddito base incondizionato per tutti o misure radicali per contrastare i cambiamenti climatici. Storicamente, è stato lo stesso nel caso di molte tesi che erano agli inizi a malapena appoggiate dalla maggioranza; diciamo, ad esempio, l’abolizione dello schiavismo e il movimento per gli uguali diritti delle donne, dei gay e dei Dalit. Senza dubbio, questi argomenti sono cruciali per una democrazia sana, indipendentemente dal fatto che la maggioranza della società li appoggi o no, Tuttavia, appoggiare proposte non significa necessariamente dirci se le proposte sono buone. Queste proposte possono andare contro il pensiero prevalente in una società o sfidare i privilegi di quelli che sono attualmente al potere e che potrebbero usare tale potere per attaccare la proposta (come avviene con gli argomenti che promuovono un intervento radicale sul clima). Tuttavia, queste proposte possono essere sostenute da ragioni o argomenti convincenti; dunque vanno articolate e dibattute. Questo è ciò che questo documento si propone di fare per l’idea del limitarismo economico.

 

  1. L’argomento democratico a favore del limitarismo

La prima giustificazione dell’idea limitarista è relativa alla democrazia e alla preoccupazione che grandi disuguaglianze di reddito e ricchezza indeboliscano il valore della democrazia e, in particolare, l’ideale dell’uguaglianza politica (ad esempio, Beitz 1989, Knight e Johnson 1997, Christiano 2008). I ricchi possono tradurre il loro potere finanziario in potere politico mediante una varietà di meccanismi. Nel suo articolo “Denaro in politica”, Thomas Christiano (2012) discute quattro tipi di meccanismi mediante i quali i ricchi non solo possono, ma tendono più probabilmente, a spendere denaro nei vari meccanismi che traducono il denaro in potere politico; questa tendenza è prevalentemente dovuta alla utilità marginale decrescente del denaro. I poveri hanno bisogno di ogni centesimo per spenderlo in cibo o servizi essenziali e, dunque, per loro spendere 100 dollari per acquisire influenza politica costituirebbe una grave perdita di utilità. Per contro, quando i ricchi spendono 100 dollari, a malapena avvertono lo stesso livello di costo di opportunità, perché non hanno bisogno di quei 100 dollari per necessità fondamentali.

 

La tesi democratica a favore del limitarismo economico   trae origine dai meccanismi delineati da Christiano: poiché i ricchi hanno denaro in eccesso sono sia molto capaci e apparentemente molto propensi a usare tale denaro per acquisire influenza e potere politici. I ricchi non hanno virtualmente nulla da perdere se spendono il loro denaro in più. L’effetto sulla loro qualità della vita dello spendere il loro denaro in più è quasi zero. Può esserci una qualche perdita psicologica di benessere, quale una perdita di status se uno spende una fortuna in politica piuttosto che nella più recente Lamborghini, o può esserci una perdita puramente soggettiva di benessere se a uno non piace assistere a un declino della propria fortuna finanziaria; tuttavia, non ci sarà alcuna perdita per quanto riguarda oggettivamente il benessere. Dunque, in tali situazioni, uno può usare meglio quel denaro per influenza politica in modo che le leggi, quando messe in atto, servano i suoi interessi.

 

Perché dovrebbe essere moralmente problematico che i ricchissimi spendano il loro denaro in più in processi politici in una democrazia? Innanzitutto, i ricchi possono finanziare partiti politici e individui. In molti sistemi di finanziamento privato delle campagne elettorali quelli che offrono le donazioni più considerevoli riceveranno, in cambio, un trattamento speciale o un sostegno più sostanziale alle loro cause. Le donazioni si accompagnano generalmente all’aspettativa che se un finanziatore avrà un giorno bisogno di un certo aiuto da un politico, lo riceverà. Accettare denaro lascia i politici in debito nei confronti dei donatori ed essi si sforzeranno duramente di accontentarli, di far loro un favore, di diffondere le loro idee o quanto meno modificare le proprie idee in modo da non turbare i donatori.

 

Secondo: il denaro in più può essere utilizzato per decidere l’agenza del processo decisionale collettivo. Se, come nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, la capacità di raccogliere fondi è un fattore cruciale per stabilire chi sarà il prossimo candidato e se le persone della classe medio-superiore e i ricchi hanno più probabilità di essere i donatori, allora i candidati politici che rappresentano gli interessi di quella classe medio-superiore e della classe superiore avranno maggiori probabilità di trovare i loro nomi sulla scheda elettorale. Siccome è più probabile che i benestanti finanzino le campagne elettorali e poiché i donatori scelgono di donare il loro denaro a persone affini che hanno gli stessi valori e convinzioni, quelli che non possono donare non vedranno rappresentati i propri interessi e le proprie idee nei dibattiti elettorali o sulla scheda elettorale. Christiano (2012) sostiene che se parte del valore della democrazia è tratta pubblicamente i cittadini da uguali riconoscendo loro una ugual voce in capitolo nel processo decisionale collettivo, allora le spese finanziarie in politica causano disuguaglianza di opportunità quando si tratta di influenzare l’agenda politica.

Terzo: il denaro in surplus può essere usato per influenzare le opinioni. I ricchi possono comprare canali mediatici che possono utilizzare per controllare sia la diffusione delle informazioni sia gli argomenti scambiati nel dibattito pubblico. I media sono divenuti un importante fattore di potere nelle democrazie contemporanee; tuttavia, se l’accesso ai media è una merce che può essere venduta e acquistata dal maggior offerente, questo dà ai ricchi un altro meccanismo per convertire il potere finanziario in potere politico. Un altro strumento cruciale per influenzare le opinioni sono i lobbisti. I servizi di buoni lobbisti tendono a essere costosi. Di nuovo, gli interessi di quelli che possono permettersi di assumere lobbisti saranno rappresentati meglio nelle decisioni dei politici e di coloro che conducono il gioco.

 

Anche se dei media industriali e dei lobbisti si dibatte più spesso quando si analizza come il denaro può influenzare le opinioni, modi più sottili a disposizione dei ricchi per influenzare le idee includono non necessariamente questioni dirette di leggi e decisioni politiche, ma invece la costruzione di quelli che sono percepiti come prove e sapere solidi. I ricchi possono usare il potere finanziario anche per cambiare il clima ideologico e quella che è percepita come “evidenza solida” mediante ricerche e studi di esperti, ad esempio, che propongono argomenti a sostegno delle idee dei loro finanziatori su vari temi sociali, economici e politici. Ad esempio, la ricerca storica di Daniel Stedman Jones (2012) ha mostrato come il sostegno finanziario privato abbia un ruolo cruciale nella diffusione del pensiero neoliberista nelle università e successivamente nella politica.

 

Infine, nella misura in cui i ricchi hanno investito la loro ricchezza in imprese, possono minare gli obiettivi democratici mediante l’uso del loro potere economico che può trasformare il potere dei capitalisti in un limite di fattibilità per il processo decisionale democratico. Ad esempio, se i cittadini hanno democraticamente deciso che desiderano vedere minori emissioni di gas serra (GHG) nel loro paese, allora grandi società possono minacciare di trasferire la produzione inquinante in altri paesi se il governo democraticamente eletto decide di imporre una disciplina ambientale più rigida sulle emissioni (Christiano, 2010, 2012).

 

Questi sono alcuni dei meccanismi (anche se non necessariamente tutti) mediante i quali la ricchezza può minare l’uguaglianza politica dei cittadini. L’uguaglianza politica dei cittadini è la pietra angolare delle società libere e democratiche. La costituzione dovrebbe garantire l’uguaglianza politica, ma non protegge il nostro diritto di essere estremamente ricchi. Dunque, abbiamo un primo argomento pro tanto per cui non dovremmo essere super-ricchi: perché compromette l’uguaglianza politica.

 

Si potrebbe obiettare come segue all’argomento democratico a favore del limitarismo. La preoccupazione morale non è tanto che ci siano disuguaglianze in una determinata sfera della vita (ad esempio, nel benessere economico), bensì che la posizione di qualcuno in una sfera della vita possa essere usata per acquisire una posizione migliore in un’altra sfera della vita (ad esempio, in politica o istruzione). La vera preoccupazione morale, perciò, non è la disuguaglianza di per sé, bensì il riversamento della disuguaglianza da una sfera della vita in un’altra (Walzer, 1983). Indubbiamente, invece di costringere i ricchi a disfarsi del loro denaro in eccesso, si dovrebbe essere capaci di proporre soluzioni che impediscano al potere finanziario di trasformarsi in potere politico.

 

Ad esempio, si potrebbe cercare di riformare la legge sul finanziamento delle campagne elettorali oppure lo stato potrebbe garantire che la radio e la televisione pubbliche mantengano l’equilibrio delle idee e degli argomenti nei dibattiti pubblici. Dean Machin ha sostenuto che dovremmo presentare ai super-ricchi la scelta di un’imposta del 100 per cento sulla loro ricchezza eccedente il livello che li rende super-ricchi, oppure l’opzione di perdere alcuni dei loro diritti politici (Machin 2013). L’idea è che ciò impedirebbe ai ricchi di comprare influenza e potere politico. Analogamente, si potrebbe sostenere che mettessimo in atto una legge appropriata sulle campagne elettorali e attuassimo politiche contro la corruzione, il denaro investito dai ricchi non potrebbe più influenzare significativamente la politica e che in base al valore della democrazia non ci sarebbe alcun motivo per fare del denaro in eccesso una cosa indesiderabile.

 

Anche se alcune di queste misure istituzionali sono indiscutibilmente necessarie per una democrazia sana, nessuna di tali soluzioni ripristinerebbe l’uguaglianza politica tra cittadini ricchi e cittadini non ricchi. Il motivo di questo è che gran parte dell’influenza politica dei ricchi elude il funzionamento delle istituzioni formali, quali leggi e regolamenti. I ricchi possono rinunciare al loro diritto di votare; tuttavia, se possono continuare a creare e finanziare studi di esperti che producano ricerche indirizzate politicamente o se mantengono il loro accesso privato diretto a dirigenti governativi, allo continueranno a detenere un potere politico asimmetrico.

 

Imporre meccanismi istituzionali formali per minimizzare l’impatto del denaro sulla politica è fattibile solo in misura limitata. Vaste disuguaglianze di reddito e ricchezza e il possesso di denaro in eccesso, in particolare, porranno una minaccia all’uguaglianza politica anche in società nelle quali i quattro meccanismi più sopra citati siano indeboliti quanto più possibile mediante misure istituzionali. Pertanto, se riteniamo che i valori della democrazia, e dell’uguaglianza politica in particolare, siano pietre angolari di società giuste, allora abbiamo valide motivi a favore del limitarismo.

 

Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Originale: https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/19452829.2019.1633734

Traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2019 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

 

 

 

 

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